Dopo le proteste la regione ha rilasciato l’Aia.
Ma la vertenza non è risolta.
Sì, perché i problemi restano tutti sul tavolo.
Dove sta l’Inghippo?
Ripercorriamo le varie fasi. A luglio scorso, la procura di Cassino ed i carabinieri forestali hanno sequestrato il depuratore aziendale. Si contestava il reato di inquinamento ambientale. Gli sversamenti dei processi di produzione finivano pima nel depuratore consortile e poi nel rio Pioppeto. Da qui emergeva schiuma maleodorante.
L’azienda, non potendo utilizzare il proprio depuratore e quindi non potendo lavorare, mette i suoi dipendenti in cassa integrazione straordinaria. Nel frattempo cerca di adeguare il proprio depuratore allo smaltimento dei fanghi. A novembre arriva il dissequestro ma non la riapertura.
Il provvedimento di riutilizzo del depuratore era infatti subordinato al corretto smaltimento di tutti i fanghi prodotti. Il problema è proprio questo. Una parte dei fanghi viene riutilizzata nella lavorazione. Sarebbe indispensabile per produrre il cartoncino patinato che esce dall’azienda e che viene venduto in 70 paesi nel mondo.
Insomma un’azienda internazionale con bilanci in attivo e piena di commesse ferma, bloccata. Siamo in un’impasse. L’Aia, l’autorizzazione ambientale, che è arrivata nei giorni scorsi dalla regione Lazio, è importante ma non risolve il problema. Senza il riutilizzo di alcuni fanghi l’azienda è destinata a non funzionare.
Di qui la chiusura. 163 dipendenti più quasi altrettanti nell’indotto rischiano di andare a casa. Oltre 300 famiglie interessate. Si chiude non perché non c’è lavoro ma perché non si può produrre. Domani è previsto un incontro tra i vertici dell’azienda e la regione.
Un confronto al quale forse mancherà un attore importante, l’unico che potrebbe decidere di sbloccare il fermo produttivo. Sarà comune rilevante per capire la posizione attuale dell’azienda. Se intende proseguire con la procedura di dismissione del sito produttivo o meno.
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