La porta è l’arma del delitto. Marco Mottola è l’assassino di Serena.
Papà Franco e mamma Annamaria lo hanno aiutato a disfarsi del corpo.
Questa la
sintesi della requisitoria del pubblico ministero Beatrice Siravo nell’udienza di ieri. Siamo alle battute finali. La procura ricostruisce tutte le fasi del delitto.
La pubblica accusa parla delle prove presentate a sostegno della sua tesi: “Analisi scientifiche scrupolosissime che hanno portato a escludere ogni altra ipotesi”. Il cranio di Serena si incastra perfettamente con la lesione riscontrata nella porta.
I frammenti di legno della porta sono stati ritrovati sul corpo di Serena e sul nastro adesivo con il quale è stata legata. Il giorno del delitto Serena va dal dentista ma non arrivò mai a scuola. Fu vista piangere insieme ad un ragazzo con i capelli mesciati (Marco Mototla) presso il bar Chioppetelle. Quindi è tornata ad Arce.
Poi si presenta in caserma, forse per riprendere i libri lasciati nell’auto di Marco. Qui viene aggredita. Non possiamo dire il motivo. Forse, come pensava Guglielmo Mollicone, il papà di Serena, questa avrebbe voluto denunciare Marco per la sua attività di spaccio.
Fatto sta che, come avrebbero detto alcuni testimoni, Serena fu vista litigare con Marco anche la sera prima.
I depistaggi. Poi ci sono i depistaggi ad opera del maresciallo Franco Mottola che, sempre secondo l’accusa, avrebbe alterato i verbali delle testimonianze raccolte all’indomani del ritrovamento del cadavere. Franco Mottola insieme alla moglie sono responsabili anche dell’occultamento del corpo di Serena.
I due uscirono a notte fonda per portare il corpo a Fonte Cupa, dove poi fu ritrovato. Queste le conclusioni del pubblico ministero. Manca solo la richiesta di condanna che verrà effettuata nella prossima udienza.
Poi parleranno le parti civili e la difesa. Infine la parola passerà al giudice per la sentenza. Una sentenza attesa da 21 anni.
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