Un Medico Ciociaro in Africa

Mentre in Italia si discute, spesso violentemente, sull’accoglienza ai profughi, spesso con dichiarazioni avventate che fanno sembrare il nostro paese una specie di porto franco.

 

Mentre questo tema sensibile occupa le prime pagine di tutti i giornali, c’è chi, in silenzio, già

opera in remote regioni dell’Africa a portare un aiuto concreto. Sono dei medici volontari italiani e tra essi il chirurgo ciociaro Bruno Turchetta, di origini pontecorvesi, attualmente residente a Milano.

 

Partecipa al progetto di “Miglioramento degli standard di assistenza e cura nel Centro nazionale di Chirurgia Pediatrica di Gezira State in Sudan: contributo alla formazione e all’aggiornamento tecnico scientifico del personale con il coordinamente dell’Università di Chieti” a cura dell’ Agenzia Italiana Cooperazione allo Sviluppo.

 

Abbiamo già intervistato una anno fa il dott. Turchetta quando era impegnato in altre missioni umanitarie, ma questa volta è diverso. Si risente del clima politico arroventato in italia, dove il tema migranti suscita discussioni e polemiche violentissime e c’è il rischio che vengano addirittura ridotti i fondi governativi destinati alle numerose missioni umanitarie.

Dott. Turchetta dove si trova attualmente e per fare cosa?

 

Attualmente sono presso l’ospedale Sudanese di Wad Madani nello Stato di Gezira, e per me questa e’ la seconda volta che torno nel paese, essendovi stato a Febbraio di questo anno per 3 settimane.

 

Durante la scorsa missione assieme a 2 chirurghi pediatri il prof Calisti e la dr.ssa Andriani abbiamo effettuato interventi di chirurgia pediatrica urologica maggiore per bambini di 2anni e10kg-di peso.

 

Quali sono gli ostacoli più grandi?

Le difficolta’ maggiori oltre alle condizioni climatiche estreme con 40 gradi costanti, sono le limitate disponibilita’ di mezzi e materiale di consumo (elettrodi pediatrici, raccordi per sondini di aspirazione, alcuni farmaci analgesici maggiori).

 

Il personale medico è spesso in stato di agitazione per salari inadeguati, condizioni di lavoro faticosissime e per carenza di personale che assicura unicamente interventi di urgenza. Altre difficoltà sono le barriere linguistiche, la poca organizzazione e razionalizzazione del lavoro in generale.

 

Igiene non sempre a livello di eccellenza nei reparti. Purtuttavia durante lo scorso Febbraio sono stati effettuati con successo circa 50 casi di chirurgia urologica pediatrica maggiore.

 

Cosa si aspetta dall’Italia?

C’è una mole enorme di lavoro da fare qui. Di una cosa sono convinto: più si investe qui, anche in ricerca, meno partono in questi viaggi disperati alla ricerca del benessere. Il lavoro più grande va fatto qui.

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Commenti: 2
  • #1

    APOLIDE (lunedì, 02 luglio 2018 12:10)

    Grazie, ce ne fossero di persone come lei.

  • #2

    ... (lunedì, 02 luglio 2018 14:56)

    ce ne sono, ce ne sono, poche purtroppo ma ce ne sono.
    e, a differenza di qualcun altro oggi di gran moda, non urlano.