Uscire dall'egoismo e dall'avidità di questi tempi calando lo sguardo su chi soffre

Frosinone."Se vogliamo salvarci, cari fratelli, se vogliamo vivere, se vogliamo essere felici, siamo chiamati a uscire da noi stessi mettendoci dietro la croce di quell’uomo morto per noi. Non c’è felicità per chi se ne va per conto suo, dimentico del dolore e della croce del prossimo, soprattutto dei bisognosi e dei poveri. Per questo la Chiesa da sempre ha fatto della croce del Signore Gesù il cuore della sua fede. Da lì infatti è sorta la resurrezione. Non c’è salvezza se non nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, “scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani” (1 Cor 1,23). Con queste parole Monsignor Ambrogio Spreafico Vescovo della diocesi di Frosinone ha ricordato ai fedeli anche per questa Pasqua 2013 il valore della figura di Cristo e l'importanza del suo esempio. Il vescovo Spreafico in questa ricorrenza pasquale, cosi importante per i cristiani, ha parafrasato il vangelo creando un filo conduttore con i giorni nostri, la contemporaneità ed il disagio sociale che stiamo vivendo. Un momento in cui non dovremmo concentrarci sui nostri problemi ma cercare di aiutare chi più ha bisogno.

La croce di cristo insegna a guardare alla sofferenza degli altri. "Abbiamo ascoltato dal libro di Isaia: “Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori…Maltrattato si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello”. Sì, in quella croce noi impariamo a fermarci davanti alle croci di tanti uomini e donne del mondo: le croci dei sofferenti, dei malati, degli anziani abbandonati, dei carcerati, dei perseguitati, dei poveri. Sono una schiera senza numero, ma spesso sono dimenticati e abbandonati, come quel giorno a Gerusalemme fu abbandonato quel giusto messo a morte dalla violenza degli uomini. Solo alcune donne e un giovane discepolo rimasero con lui.

 

La sofferenza spaventa. "Non è facile fermarsi con chi soffre. Il dolore, la debolezza, la morte, mettono paura e fanno fuggire. Per questo molti anziani sono lasciati soli, i malati talvolta lasciati morire. Per questo anche noi facciamo fatica ad accompagnare gli altri nella debolezza e nella fragilità della vita, e davanti alla morte rimaniamo quasi privi di parole e di gesti di amicizia. La Chiesa nostra madre ci viene incontro e ci mette sulla bocca le parole da dire e il Vangelo della Passione del Signore ci insegna i gesti di compassione di cui il mondo ha bisogno".

La preghiera strumento indispensabile. E' cosi che il vescovo Spreafico ricorda ai fedeli che davanti alla sofferenza degli altri si può essere utili dando sostegno e coraggio senza dimenticare che ricorrere alla preghiera è indispensabile per "ricostituire l’unità della famiglia umana disgregata dal peccato". Infatti solo a partire dalla sofferenza di quel povero condannato e dei poveri del mondo si può sperare di tornare ad essere un’unica famiglia, e non uomini e donne frammentati dall’individualismo e dall’amore per se stessi. Poi la preghiera del “popolo mio”, nella quale il Signore stesso ci chiede come abbiamo potuto rispondere al suo amore appendendolo alla croce.: “Popolo mio, che male ti ho fatto? In che ti ho provocato? Dammi risposta”. Sono domande, cari fratelli, rivolte a ognuno di noi personalmente, perché siamo tutti responsabili della sua morte a causa del nostro peccato. Troppo spesso ci crediamo giusti e buoni, senza chiederci se non contribuiamo anche noi con l’indifferenza e l’egoismo ad appesantire la croce di Gesù. Infine l’adorazione della croce, davanti alla quale tutti ci inchiniamo, per imparare a fermarci e ad inchinarci davanti alle croci del nostro mondo.

 

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Commenti: 1
  • #1

    notarcola francesco (lunedì, 01 aprile 2013 16:43)

    Le parole non bastano. Occorre passare ai fatti. Il vescovo apra la sua sede a tutti i bisognosi di aiuto e promuova concretamente con tutte le associazioni ed i cittadini volenterosi una grande azione di solidarietà.
    La chisa prenda posizione contro i corrotti,contro chi non paga le tasse e non dà la giusta mercede a chi lavora. La chiesa discuta e s'interessi dei carcerati, della sanità, del lavoro. Oggi, più che mai, c'è bisogno di dignità, di rispetto e di impegno sociale e civile. Scuotere le coscienze, i sentimenti,la passione, per alimentare la cultura dell'umiltà e del vivere in funzione dei bisogni altrui.